Tropico
del
Cancro, di Henry
Miller
Si
può perdonare tutto a una fica giovane. Una fica giovane non importa che abbia
cervello. È meglio se non ne ha. Ma una fica vecchia, anche se è brillante,
anche se è la donna più affascinante del mondo, non conta. Una fica giovane è
un investimento; una fica vecchia è una perdita secca. Tutto quel che possono
farti è comprarti roba. Ma non per questo han ciccia sulle braccia e sugo fra le
gambe. Non è male, Irene. Anzi, credo che ti piacerebbe. Per te è diverso. Tu
non devi chiavarla. Ti puoi permettere di trovarla simpatica. Magari non ti
piacerebbero tutti quei vestiti e le bottiglie e cosi via, ma riusciresti a
sopportarla. Non ti annoierebbe, te lo dico io. È anche interessante, direi. Ma
è avvizzita. I seni sono a posto, ancora, ma le braccia! Le ho detto che un
giorno o l’altro ti avrei portato da lei. Ho parlato parecchio di te... non
sapevo cosa dirle. Forse ti piacerebbe, specialmente quand’è vestita. Non so...»
«Senti, è ricca, hai detto? Mi piacerà! Non mi importa quanti anni ha, purchè
non sia una strega...»
«Non è una strega! Cosa stai dicendo? È incantevole, te lo dico io. Parla bene.
Ha anche un bell’aspetto... solo le braccia. . . »
«‘Va bene, se è cosi, la chiavo, se non la vuoi chiavare tu. Diglielo. Ma sil
accorto però. Con una donna cosi bisogna andarci piano. Portami da quelle parti
e lascia che le cose si combinino da sé. Fammi un mucchio di elogi. Fai anche il
geloso... Merda, magari la si chiava insieme... andiamo nei bei posti e si
mangia insieme... si va in macchina e a caccia, coi bei vestiti addosso. Se
vuole andare ai Borneo, facciamoci portare. Nemmeno io so sparare, ma
questo non conta. Non importa nemmeno a lei. Lei vuole soltanto farsi chiavare,
e basta. Tu seguiti a parlare delle sue braccia. Mica c’è bisogno di guardarle
di continuo le braccia, no? Guarda le lenzuola! Guarda lo specchio! La chiami
vita questa? Vuoi continuare a fare il difficile e a campare da pidocchio per
tutta la vita? Non hai nemmeno da pagarti il conto dell’albergo... eppure tu un
lavoro ce l’hai. Non è vita questa. Non m’importa se ha settant’anni è sempre
meglio che questa...»
«Senti, Joe, chiavala tu per conto mio... poi tutto andrà bene. Magari la chiavo
anch’io una volta ogni tanto... la mia sera di libertà. Son quattro giorni che
non mi faccio una bella cacata. Ho qualcosa che mi punge, come degli acini
d’uva...”
«Hai le emorroidi, ecco.»
«Mi cadono anche i capelli... e dovrei andare dal dentista. Mi pare di cascare a
pezzi. Le ho detto che bravo ragazzo sei tu... Me lo fai questo favore, eh? Tu
non sei tanto difficile, eh? Se andiamo al Borneo, mi passano le emorroidi.
Magari mi viene qualche altra malattia... peggiore... la febbre gialla magari...
o il colera. Cazzo, è sempre meglio morire d’una bella malattia, che cagare
sangue in un giornale, con gli acini d’uva al culo e i bottoni che ti cascano
dai calzoni. Io vorrei essere ricco, anche solo per una settimana, e poi entrare
in ospedale con una bella malattia, mortale, e aver fiori nella stanza e
infermiere che mi ballano attorno e telegrammi che arrivano. Hanno cura di te
quando sei ricco. Ti lavano col cotone idrofilo e ti pettinano i capelli. Cazzo,
queste cose io le so. Magari poi avrei fortuna e nemmeno morirei. Magari
rimarrei storpio per il resto dei miei giorni... Magari paralizzato, costretto
nella sedia a rotelle. Ma avrebbero lo stesso cura di me... anche se non avessi
più soldi. Quando sei invalido - invalido vero non ti lasciano morire di
fame. E ti danno un letto pulito per dormirei... e ti cambiano la salvietta ogni
giorno. Invece cosi tutti se ne fregano di te, specialmente se hai un lavoro.
Credono che un uomo dovrebbe esser contento, quando ha un lavoro. E tu cosa
preferiresti: restare storpio tutta la vita, o avere un lavoro... o sposare una
fica ricca? Tu preferiresti sposare una fica ricca, lo so. Tu pensi soltanto al
mangime. Ma supponiamo che tu l’abbi sposata e che poi tu non riesca a fartelo
più rizzare - a volte succede — allora cosa faresti? Saresti alla sua mercé.
Dovresti mangiarle sul palmo della mano, come un cagnolino. Ti piacerebbe, eh,
ti piacerebbe? O forse tu a queste cose non ci pensi. Io penso a
tutto. Io penso ai vestiti che mi sceglierei e a posti dove andrei, ma penso
anche all’altra cosa. È quella che conta. A che servono le cravatte fantasia e i
bei vestiti se non riesci più a fartelo rizzare? Non riusciresti nemmeno a
tradirla, perchè l’avresti alle calcagna tutto il giorno. No, la cosa migliore
sarebbe sposarla e poi prendersi subito una malattia. Purchè non fosse la
sifilide. Colera, diciamo, oppure febbre gialla. In modo che, se succedesse il
miracolo e ti fosse risparmiata la vita, tu rimarresti storpiato per il resto
dei tuoi giorni. Cosi non dovresti pili preoccuparti di doverla scopare, e
nemmeno avresti da preoccuparti della pigione. Lei ti comprerebbe una bella
sedia a rotelle con le gomme, e un sacco di manubri e roba dei genere. Magari
potresti anche adoperar le mani; voglio dire, quanto basta per scrivere. O
potresti anche prenderti una segretaria. Cosa se ne fa uno delle braccia e delle
gambe? Non gli servono le braccia e le gambe per scrivere. Ha bisogno di
sicurezza, di pace... di protezione. Tutti questi eroi che sfilano in parata
sulle sedie a rotelle peccato che non siano scrittori. Purchè si fosse sicuri
andando in guerra, di rimetterci soltanto le gambe... purchè si fosse sicuri di
questo, io direi, facciamo la guerra anche domani. Me ne strafotterei delle
medaglie, se le tengano le medaglie. Io vorrei soltanto una bella sedia a
rotelle e tre pasti ai giorno. Poi gli darei io qualcosa da leggere, a quegli
stronzi!»
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